Curare il trauma
“Il problema non è quello che è successo, ma il ricordo di quello che è successo”. B. Van der Kolk (1994)
Ci sono molti proverbi che affermano che il tempo curerà tutto. Purtroppo, quando parliamo di traumi, non è proprio così.
Quotidianamente nel mio studio arrivano persone con traumi con la T maiuscola (per approfondire leggi anche “Cos’è un trauma psicologico”) subiti tantissimi anni fa, ma che il ricordo è talmente vivido che sembra che il tempo fosse fermo. E le parole che sento dire sono racchiuse tutte in questa frase “è come se una parte di me stesse ancora vivendo quei traumi”.
Questo avviene perché il cervello (organismo che registra tutte le informazioni in entrata) non è in grado di distinguere tra ciò che vede e ciò che ricorda.
Quando un trauma non è stato risolto, ogniqualvolta saremo in contatto con sensazioni, emozioni, rumori, odori, stimoli e tutto ciò che lo potrebbe ricordare -anche lontanamente- si attiverà nel cervello una parte che ci tiene in allerta. E, senza saperlo a livello conscio, riviviamo quella tremenda esperienza.
Come si reagisce ad un trauma
Soffrire per un trauma, grande o piccolo che sia, è una cosa naturale. Il nostro corpo e la nostra mente sono predisposti per vivere ogni tipo di emozione. Se così non fosse, non saremmo vivi.
A volte però succede che non riusciamo a smettere di soffrire e così la tristezza diventa l’unica espressione emotiva e col tempo si cristallizza. In questa maniera, da naturale, diventa patologica.
Non tutti, di fronte ad un trauma, reagiscono nella stessa maniera. In linea generale ci sono due macro-modalità:
La prima: la risoluzione naturale
Impatto iniziale. È il momento preciso in cui avviene l’evento stressante, quindi il corpo si mette in moto per prepararsi a reagire: il cuore batterà più forte per fare arrivare il sangue alle articolazioni in maniera da poter fuggire, la funzione digestiva si bloccherà (non è questo il momento di mangiare!). A quel punto entra in gioco la parte razionale (corteccia prefrontale) che ci permetterà di prendere una decisione veloce.
Shock. Appena il trauma finisce c’è sempre una fase in cui non capiamo ancora cosa è successo. Solitamente questa dura da qualche giorno a qualche settimana ed è caratterizzata da una scarsa concentrazione, confusione e disorganizzazione mentale.
Impatto emotivo. Superato lo shock prendiamo consapevolezza di ciò che è successo, capiamo che adesso siamo al sicuro e ci possiamo permettere di piangere, disperarsi, arrabbiarsi.. insomma, di provare emozioni genuine.
Coping. Adesso la nostra mente si sta attivando per trovare nuove strategie per fronteggiare eventuali minacce future.
Accettazione e risorse. A questo punto abbiamo capito cosa è successo, abbiamo elaborato ed accettato tutto. L’esperienza, seppur dolorosa, ci ha reso più forti. Tutto è rientrato nella normalità senza il bisogno di ricorrere all’aiuto di uno psicoterapeuta.
La seconda: il blocco emotivo
A volte succede che l’elaborazione si blocca in una di queste fasi e non ci consente di risolvere il trauma. Quindi rimarremo intrappolati in una fase, provando emozioni, sensazioni, pensieri come se non fosse passato neanche un giorno da quel momento.
Potremmo svegliarci nel cuore della notte con flashback. Oppure, tutte le volte che facciamo qualcosa simile saremo ri-catapultati indietro nel tempo, con conseguente blocco emotivo (“Vorrei non pensarci, ma ogni minimo rumore mi riporta proprio lì, in quella stanza”).
In questo caso non esistono passato, presente, futuro: si rivivrà il trauma con le stesse sensazioni, emozioni di allora.
Gli effetti del trauma
Conseguenze a livello neurologico
Ricerche dimostrano che il trauma comporta molti cambiamenti a livello neurologico. Lo stress aumenta il cortisolo, e si notano delle modifiche del volume dell’ippocampo (van der Kolk e coll., 1997). Anche l’amigdala (parte del cervello deputata alla elaborazione delle emozioni) subisce considerevoli variazioni.
Conseguenze a livello psicologico
Gli effetti del trauma si ripercuotono soprattutto a livello psicologico. Le emozioni più comuni sono:
- ansia (la persona si sente costantemente in pericolo),
- tristezza (grande vuoto interiore),
- rabbia (senso di ingiustizia per ciò che la persona ha vissuto),
- vergogna (la persona si giudica negativamente),
- senso di colpa (si reputa colpevole di ciò che è successo),
- disgusto (questa emozione è diretta a se stessa per ciò che è accaduto).
Conseguenze a livello sociale
La persona tenderà ad isolarsi con più facilità, avrà la sensazione di essere sola ed incompresa.
A volte potrebbe uscire una rabbia rivolta a persone che non c’entrano niente (per approfondire leggi: “Gestione della rabbia”).
EMDR, una tecnica per rielaborare i traumi
La terapia Emdr (Eyes Movement Desensitization and Reprocessing) è un metodo psicoterapeutico ideato nel 1987 da Francine Shapiro, validato per la cura del Disturbo Post-Traumatico da Stress.
La comunità scientifica internazionale considera questa tecnica un trattamento basato su evidenze scientifiche (evidence-based).
Esso si fonda sul principio che abbiamo all’interno del nostro organismo un sistema innato fisiologicamente orientato all’elaborazione delle informazioni, in un’ottica di auto-guarigione.
A volte, con i traumi significativamente più disturbanti, succede che questo processo si blocca. Ed è proprio qui che agisce l’EMDR: fornirà uno stimolo perché la mente riprenda il suo naturale processo di auto-guarigione.
Dopo alcune seduto trattate con la tecnica EMDR i ricordi non appariranno più così disturbanti come lo erano inizialmente, il cambiamento sarà molto rapido. Il ricordo non verrà rimosso, ma elaborato. Ciò significa che ci ricorderemo sempre la scena, ma non sarà più così emotivamente disturbante come lo era all’inizio.
Ricerche dimostrano l’efficacia di questo metodo a livello profondo.
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