La consapevolezza: il primo passo per riprendere in mano la propria vita
Nel mio studio, spesso accade qualcosa di molto semplice ma potentissimo: una persona si ferma, sospira profondamente e dice “Mi sto accorgendo ora di quanto ho vissuto tutto questo con il pilota automatico inserito”.
È in quel momento che entra in scena la consapevolezza. E qualcosa inizia davvero a cambiare.
Ma cos’è, davvero, la consapevolezza?
Non è solo sapere razionalmente cosa ci sta succedendo. È sentire, con tutto il corpo e tutta l’anima, come stiamo vivendo quel momento. È un incontro tra mente, emozione e corpo. È quando la nostra esperienza interna si fa viva, concreta, visibile anche se invisibile.
Immagina per un momento di chiudere gli occhi e ascoltarti.
Che percezioni emergono? Fame, noia, piacere, stanchezza, ansia, voglia di scappare?
La consapevolezza è proprio questo: la capacità di accorgersi di ciò che c’è, senza giudicarlo, senza modificarlo subito, senza razionalizzarlo a tutti i costi.
Consapevolezza come strumento di trasformazione
Nel mio lavoro vedo ogni giorno quanto il trauma relazionale generi confusione. Chi è cresciuto con genitori svalutanti o ha avuto partner manipolatori ha spesso imparato a mettere da parte se stesso pur di sopravvivere.
Per anni non si è potuto sentire davvero, né scegliere davvero.
Ecco perché oggi parliamo di consapevolezza come un atto rivoluzionario: perché significa iniziare a dire “Io ci sono. Io mi vedo. Io mi ascolto.”
La consapevolezza è un movimento. Non verso la perfezione, ma verso la verità.
È come aprire una finestra in una stanza chiusa da troppo tempo: l’aria che entra può essere fresca o pungente, ma è reale.
Chi prende coscienza della propria noia, ad esempio, può decidere di alzarsi, di cambiare direzione. Ma se quella noia resta sotto la soglia della consapevolezza, la persona continuerà a restare ferma, infastidita, senza capirne il motivo.
Ecco perché senza consapevolezza non c’è cambiamento.
Il falso mito del “devo essere consapevole di tutto”
Attenzione però: la consapevolezza non è un dovere.
Non è l’ennesima voce da aggiungere alla lista dei “devo”.
Se la trasformiamo in un obbligo, smette di essere un ascolto autentico e diventa un controllo.
Non dobbiamo per forza essere consapevoli di tutto in ogni istante.
Essere consapevoli è come avere una torcia accesa nella notte: la usi per vedere dove stai mettendo i piedi, ma non devi illuminare ogni angolo contemporaneamente.
Basta sapere dove sei, adesso.
Solo io posso sapere cosa mi sta succedendo
Un altro aspetto fondamentale della consapevolezza è che è profondamente soggettiva.
Solo io posso sapere cosa sto provando. Solo io posso sentire la tensione nelle spalle, il groppo in gola, l’agitazione che mi blocca.
Gli altri possono osservare, ipotizzare, intuire… ma nessuno può dirmi davvero cosa sto vivendo dentro.
Spesso, soprattutto chi ha subito manipolazioni, ha interiorizzato l’idea che qualcun altro sappia meglio di lui cosa sente o cosa dovrebbe sentire.
Ritornare alla consapevolezza è anche questo: riprendersi il diritto di essere l’unico testimone autentico del proprio mondo interno.
Non è inconscio, è inconsapevole
Molti mi dicono: “Ma io non lo faccio apposta, non mi accorgo nemmeno di come reagisco”.
E hanno ragione.
Non si tratta di qualcosa di “inconscio” nel senso psicoanalitico, ma di qualcosa di inconsapevole: automatico, appreso, mai osservato con uno sguardo nuovo.
Ecco perché, nel mio lavoro, dedico molto spazio a pratiche di ascolto corporeo, visualizzazioni guidate, esercizi esperienziali.
Perché solo fermandoci a sentire possiamo iniziare davvero a scegliere.
La consapevolezza è potere
In definitiva, diventare consapevoli non significa solo capire, ma iniziare a scegliere.
Significa poter dire:
“Questo mi fa male, non lo voglio più.”
“Questo mi fa bene, ne voglio ancora.”
“Non so ancora dove andare, ma so che voglio smettere di restare ferma dove sto male.”
E oggi più che mai, in un mondo che ci spinge continuamente fuori da noi stessi, è uno degli atti più rivoluzionari e curativi che possiamo fare.
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